giovedì 23 gennaio 2014

BEPPE FIORELLO PORTA MODUGNO IN UMBRIA E AVVICINA PUGLIA E SICILIA

Era pugliese, ma indossava la maschera del siciliano. Modugno secondo Fiorello. O meglio Domenico secondo Giuseppe. Beppe parla a se stesso, che a sua volta parla a Mimmo, tutto grazie a papà Fiorello. Un uomo umile con baffetti come fossero disegnati e amante del grande Domenico, detto Mimmo, Modugno, se non quasi il suo sosia. Beppe Fiorello, il più piccolo - ‘u picciriddu - di una famiglia di quattro figli, due femmine e due maschi, sul palco del Morlacchi a Perugia racconta il suo sogno (“penso che un sogno cosi…”) che si intreccia con la storia del padre. Una storia scandita dalle canzoni del cantante originario di Polignano a mare, in provincia di Bari. “Molte scene della mia vita, Mimmo, sembrano uscite dalle tue canzoni”, recita Fiorello davanti alla platea, a cui si rivolge in un tu per tu che la trasforma quasi in Modugno in persona. Per tutta la durata dello spettacolo sembra che l’autore di una delle canzoni più amate di tutti i tempi debba spuntare da un momento all’altro. Una parabola, con alti e improvvisi picchi verso il basso, la vita di Fiorello, anzi di suo padre e di Modugno allo stesso tempo. Una parabola che per papà Fiorello trova la sua discesa definitiva nel giorno di Carnevale del 1958. Quel giorno Modugno rientra in Italia da New York per la nascita del suo primo figlio e parallelamente i genitori di Beppe si fidanzano. Si sposano. Ballano. E proprio mentre ballano e si divertono che papà Fiorello si allontana per raggiungere la sua macchina in cui ha lasciato le sigarette. È in quella stradina buia e stretta, dove l’auto era parcheggiata, che “lo spettacolo della vita si porta via il mio attore principale”. Una frase che lascia presagire la fine di una storia e l’inizio del sogno dell’attore di Catania che finalmente ottiene una parte importante che gli permette di riscattare il picciriddu di sempre, timido e taciturno. È nel bagno, di fronte allo specchio, che Beppe prende coraggio e decide che è arrivato il suo tempo ‘Meraviglioso’. Incaricato dalla Rai di interpretare una fiction di due puntate sulla vita di Modugno, Beppe va a casa di Franca, storica moglie del cantante vincitore di quattro Festival di Sanremo. È li che avviene la conversione. Una giacca color carta da zucchero e Beppe è pronto a vestire i panni del grande Modugno. Le braccia alzate in cielo a formare una V, la stessa di Volare.  

domenica 17 novembre 2013

IL MIO PRIMO (E ULTIMO) GIORNO DAL PARRUCCHIERE CINESE

I capelli per una donna sono come il calcio per un uomo. "Avere i capelli in ordine" conta più di un vestito o di un paio di scarpe con il tacco. Un nuovo taglio di capelli denota un periodo di cambiamento, la messa in piega fa sentire migliore, per non parlare di tinte, shatush e via dicendo. Anche se c'è da aspettare, da leggere mille riviste prima di un lavaggio, l'attesa dal parrucchiere varrà sempre la candela. Sappiatelo. Non c'è niente di meglio di un pomeriggio trascorso davanti ad uno specchio, tra phon accessi e odore di lacca. Sempre che non si vada di fretta! Certo perseverare è diabolico, ma prenotare di tanto in tanto un posticino su quella sedia rotante è come concedersi un cucchiaio di nutella quando si è nervosi o una vaschetta di gelato davanti al film preferito. Per molte sarà anche un lusso o una perdita di tempo, per me è la pausa perfetta. Tant'è che la prima cosa che faccio quando scendo dalla mia famiglia durante le ferie o le feste è una seduta dal parrucchiere. Uso il termine "seduta" non a caso. Una regola importante. I parrucchieri non sono tutti uguali. Il parrucchiere di fiducia è quello che accontenta le tue richieste, si complimenta con te, ti offre il caffè, ha i giornali aggiornati, compra l'ultimo numero di Glamour, ha le luci alte per minimizzare i difetti, ha posto quando chiami, propone sempre prodotti nuovi e ti fa lo sconto. Il parrucchiere cinese non è nulla di tutto questo. Il parrucchiere cinese è gestito da cinesi è economico e veloce. È il fast food dei capelli. 
L'apertura fino alle 21 e il costo di 10 euro per una piega sono le chiavi del successo di un salone cinese. Se si aggiunge la prenotazione non obbligatoria e l'attesa irrisoria si capisce perché tutti prima o poi siano tentati dal provarlo. Io non sono da meno. Tra le prime differenze che ho notato, mentre un ragazzetto con le unghia appuntite mi lavava i capelli, usando un solo prodotto indistintamente, è che non si fa pettegolezzo. Il tanto famoso "l'ho sentito o letto dal parrucchiere" non esiste. Primo perché tra di loro parlano cinese, secondo perché non ci sono giornali di gossip. Tutt'altro. Solo riviste specializzate di tagli. Se si desidera portare i capelli in un certo modo basta indicare una figura o portare una foto. Copiare è nel loro dna. La mia folta chioma è passata repentinamente, senza che me ne accorgessi, dal ragazzetto con le unghia appuntite e le dita molli, ad una signora alle prime armi con l'asciugacapelli, fino ad un altro giovane che ha portato a termine la piega, completata poi dalla titolare del negozio con un efficace colpo di piastra: "pelchè fuoli piove!", ha detto. Il risultato è stato un liscio effetto spaghetto. Dopo tutti quei passaggi anche i miei capelli, risaputamente mossi, si sono arresi. Sono andata via soddisfatta, ma con la consapevolezza che non ci sarei mai più tornata. "Signolina, lo scontlino". Mi ha gridato la proprietaria, mentre uscivo dalla porta e la radio passava Marco Mengoni. 

mercoledì 6 novembre 2013

BASTA PIANGERE!

"Basta piangere!". Parola di Aldo Cazzullo. Suona come un monito, ma "è una frase d'amore", come ha spiegato lo stesso autore e inviato del Corriere della Sera, il titolo del suo ultimo libro "Basta piangere! Storie di un'Italia che non si lamentava", edito da Mondadori (14,50 euro) e presentato a Perugia all'anteprima di Umbria Libri 2013. "E' la prima volta che esco dalla langa", ha esordito, ostentando un milanese verace, il giornalista, davanti alla platea della sala dei Notari, ascoltatrice avida di alcuni passi del volume letti direttamente da una giovane attrice. Prima di cominciare a parlare, lo scrittore si è rimboccato le maniche, o meglio, ha arrotolato quelle della sua camicia (un po' alla Bersani per intenderci, anche se ha lodato Renzi), quasi a dire che parlare di passato con uno sguardo al futuro è roba faticosa. Tutta roba di cui è intriso pero' il suo libro, a quanto pare. Speranza e futuro sono infatti le parole chiave di un volume che parla molto d'Italia che "allora non era migliore - ha detto lo stesso Cazzullo - anche se il futuro non era un problema come oggi". Tutto questo in risposta alla domanda dell'intervistatore sul futuro visto in passato come opportunità. E da li tutta una serie di avvenimenti, ricordi, usanze, abitudini e termini legati agli anni del boom economico. "Prima il femminicidio - ha continuato il giornalista milanese - non faceva notizia, si chiamava delitto d'onore". Insomma prima non si viveva con più facilità, basta pensare a lotte, rivoluzioni e guerre a cui hanno partecipato i nostri nonni e i genitori dei nostri nonni. Oggi la situazione non è meno dura, sicuramente, colpa del mondo globale, dell'uomo che deve fare puntualmente i conti con le macchine e la tecnologia. Secondo Cazzullo, per guardare con fiducia al futuro, i giovani devono trovare quello scatto che gli permetta di fare strada, con la triade tecnica-sapere-esperienza e un pizzico di sano sacrificio per non cadere nella tentazione di cedere il lavoro all'immigrato che offre più ore e si accontenta di meno soldi. "L'Italia - ha detto l'autore - è un Paese fermo, che aspetta la nottata e rischia cosi di vedere il suo cadavere passare nel fiume". E ancora "I giovani non devono pensare di vivere nel Paese sbagliato". Tutti noi, secondo Cazzullo, possiamo fare in modo che l'Italia migliori e non diventi "questo Paese", ma "il nostro Paese". Come? Un pezzo alla volta e grazie alla marcia in più delle donne. Dalla storia (guerra del Kippur, dittatura in Spagna, Cina di Mao) ai ricordi d'infanzia (Natale, nonni, regali, giochi, musica), il libro ripercorre uno spaccato dell'Italia che arriva a due svolte importanti che Cazzullo indica negli anni '70, con la fine di una stagione e l'inizio di quella segnata da personaggi del calibro di Renato Zero, e nel 1992, con il passaggio dalla lira all'euro. Gli anni più felici? Quelli '80, in cui l'Italia riesce a cambiare umore grazie al calcio, a cui è dedicato un intero capitolo intitolato "Gli ultimi anni che siamo stati felici". Il richiamo obbligato all'Umbria è arrivato con un beneplacito nei confronti di un modello fatto di manifattura, artigianato e turismo che, secondo il giornalista, puo' essere esportato. Come del resto tutto l'intero Paese che definisce "software del mondo". Egli affida le sorti della sua rinascita alle città e ai cittadini, che nel contempo, ha detto, hanno poca fiducia in loro stessi. Per questo forse hanno sempre bisogno di un leader, come poi accade nelle migliori democrazie, da Craxi a Berlusconi, fino a Renzi, incluso Grillo. "Capisco le ragioni di chi l'ha votato, ma prendo le distanze da demagogia e populismo", ha sottolineato un Cazzullo convinto, invece, del ruolo di un sindaco giovane di una città come Firenze che smuove le masse a destra e sinistra. Comunque "L'italiano non ama la politica - ha detto l'autore -, pensa che sia a servizio del tornaconto personale dei parlamentari, troppi e ultra pagati".In Italia, insomma, l'interesse privato prevale su quello pubblico. Amen.
Non è finita.
L'amaro in bocca è arrivato alla fine (nonostante l'elenco delle prelibatezze da mangiare che i suoi nonni preparavano durante la settimana e all'arrivo degli argentini), quando Cazzullo parla del ruolo del giornalista oggi. Colui che, nella maggior parte dei casi, pensa che il mondo finisca là dove termina la sua mente. E poi la rete, la crisi e il lavoro che non produce più ricchezza, ma è il denaro stesso che si genera da altro denaro.

Tutto chiaro. Bene, io non piango e mi rimbocco pure le maniche, ma se potessi scegliere dove e quando nascere, non so se sceglierei ancora l'Italia e il 1985.



venerdì 25 ottobre 2013

VOLO DI NON ANDATA

Pensavo che alcune cose succedessero solo agli altri. Ma oggi l'ho provato sulla mia pelle e ho capito che nemmeno io sono immune dai disagi aerei. Qualcuno ha deciso che Perugia-Charleroi (Bruxelles) non doveva farsi! 
Un volo cancellato è una speranza persa. Un momento non vissuto, un bacio non dato, un vuoto non colmato. Un volo cancellato per nebbia anche. Soprattutto se allo sconforto si aggiungono il non rimborso per cause naturali e la non assistenza. Perché anche se ti assistono, non risolvono il problema, ma te lo creano. Pensare di rendere più funzionale l'aeroporto internazionale (?) dell'Umbria? o magari, pensarci prima, e togliere i voli durante le presunte giornate di nebbia? Si eviterebbe di costringere delle povere persone innocenti ad annullare hotel e appuntamenti, oltre che a spendere soldi che nessuno restituisce, tanto meno la regina dei voli low cost, RYANAIR.

La cosa patetica di tutto cio' non è la coda che ci hanno costretto a fare alla biglietteria, senza che se ne venisse a capo se non con un minimo di iniziativa privata, né i bagagli già imbarcati che abbiamo dovuto riprendere, ma il questionario che ci hanno fatto compilare, quando ancora le cose andavano bene, una volta arrivati al gate. Cioè quella stanza con sedute non abbastanza numerose da contenerci tutti, due bagni, uno maschile e l'altro femminile, oltre a numero due distributori che, insieme a bottigliette d'acqua, danno la possibilità di acquistare vasetti di tartufo e pacchetti di gomme d'oro, considerando il prezzo! 

Ritornando al questionario, dire che secondo me era tutto "soddisfacente" è stato dire una bugia, perché non appena ho ricevuto la notizia della cancellazione del volo a causa della nebbia ho cambiato idea. 
Non avrei saputo cosa fare. Su due piedi e con due valigie avrei deciso di mollare e tornare a lavoro, se non fosse stato per i miei due compagni di viaggio, Antonio e Federico. Pilota militare, il primo, studente di medicina il secondo. Insieme abbiamo deciso di partire. Ma siccome lo stesso giorno sarebbe stato impossibile per mancanza di voli, sia da Pisa che da Roma, abbiamo rinviato a quello successivo. Abbiamo affittato un auto, a nostre spese, e ci siamo dati appuntamento alle 4.30 del mattino. Partiamo alle 8.50 del 26 ottobre 2013, da Roma. Io intanto ho perso tutte le coincidenze con le navette, già pagate, dall'aeroporto di arrivo fino a Bruxelles, con la conseguenza che è tutto da rifare e...ripagare. 

Intanto la nebbia nel cielo di Perugia cominciava ad alzarsi tranquillamente e repentinamente.


Potrei rifare il questionario? 



mercoledì 23 ottobre 2013

RASSEGNA DELL'OSCENO

Voyeurismo
SPQR
SporDIVI
Sport
Noia
Femminicidio 2
Femminicidio 1
Economia
Coincidenze volute
Pubblicità
Speranze passate
Doppi sensi


domenica 20 ottobre 2013

"LÀ DOVE LA VITA VEDE"

Lizori in greco vuol dire proprio 'là dove la vita vede'. E là dove la vita non c'è, aggiungerei io. Perché Lizori, "Borgo San Benedetto, centro storico ed artistico", come promette la targa all'ingresso,
è un vero e proprio borgo disabitato, all'apparenza. A quanto pare infatti è un circolo ricreativo per artisti che si anima a loro piacimento e all'insaputa, oserei dire, di gente che la domenica ha voglia di avventura. In questo caso la gente eravamo noi. Tre impavide ragazze che, per sfuggire alla più amara festa del cioccolato, hanno scelto una più promettente giornata naturale. In realtà il borgo deserto e culturale è giunto solo dopo una mattinata cominciata con tutto un altro programma alla mano e nella mente. L'idea era quella di andare ad un mercatino vintage lungo le fonti del Clitunno in Umbria. Suggestivo! Ma niente. "Si tiene la prima domenica del mese", ci hanno detto con fare spoletino.
Insomma la prima domenica di ottobre era bella che passata. Eravamo alla terza. Ma non ci siamo accontentate del bronzo. Volevamo una giornata da medaglia d'oro. L'ha capito anche la barista, che, con un sorriso sulla schiuma e un altro in viso, ci ha dato ottimi suggerimenti su come colmare quel vuoto che solo lo shopping compulsivo di cose vecchie e antiche sa fare. Siamo andate a Campello Alto. Un posto dimenticato da tutti, ma allo stesso tempo troppo curato per essere dimenticato. 

Qualcuno doveva abitarci. Tra questi sicuramente il vecchietto che dall'alto della muraglia ci ha ricordato che le castagne per terra erano cattiva da mangiare. Un piccolo borgo all'interno di un vecchio castello. O un vecchio castello in un minuscolo borgo. 

Insomma punti di vista che vanno vissuti, perché quel delizioso pezzo di terra e di passato merita di essere osservato, assaporato, calpestato ancora una volta. Noi l'abbiamo fatto.  


                             Anche di fronte alle difficoltà.


Lizori, Borgo San Sebastiano, Pissignano
Lizori, Borgo San Sebastiano, Pissignano
Campello Alto
Lizori, Borgo San Sebastiano, Pissignano
Campello Alto (con corna)
Lizori, Borgo San Sebastiano, Pissignano
Atelier Antonio Meneghetti a Lizori
Lizori, Borgo San Sebastiano, Pissignano
Futura artista di Lizori


sabato 19 ottobre 2013

SE FOSSI UN ASINO, VOLEREI

Se fossi un frutto, non maturerei in fretta
Se fossi un piccione, mangerei solo cose buone
E se fossi un datore di lavoro? Pagherei bene 
Poi se fossi un vigile, non multerei quelli senza lavoro
E se fossi l'Ilva, ah se fossi l'Ilva, smetterei di fumare
Se invece fossi un prato, non sarei più verde di quello del vicino
Se fossi Perugia, mi ribellerei
Se fossi ricca, investirei
Se fossi una commessa, farei sempre lo sconto
Se fossi un collant, non mi smaglierei il primo giorno
Poi, bè, se fossi il mare, non lascerei affogare nessuno, e se fossi il cancro mi autodebellerei
Se fossi una nuvola, non coprirei il sole
Se fossi il direttore di un giornale, istituirei il premio "migliore della settimana"
Se fossi un barista, caffè gratis a tutti i clienti una volta al mese
Se fossi un albero di Natale, sarei finto

Se fossi...e non sono.
Ma se avessi un blog?